Continuous Performance Management: 5 passi per migliorarlo

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Continuous Performance Management: 5 passi per migliorarlo

Continuous Performance Management: i 5 passi operativi

Quali sono gli elementi che fanno davvero la differenza nel Continuous Performance Management?

Nel rileggere un articolo di Josh Bersin (analista e consulente sui temi delle risorse umane) troviamo diversi punti di risonanza. Primo tra tutti, il fatto che molte aziende si stiano lasciando alle spalle il vecchio modello da lui definito ‘the competitive evaluation” per orientarsi verso quello della ‘continuità’, ci permette di riconoscerle come interlocutori privilegiati per il lavoro che abbiamo condotto in questi anni.

Continuous Performance Management: i pilastri su cui si basa la teoria

LAM Consulting si occupa di promuovere la cultura dell’apprendimento continuo, come mezzo per una gestione consapevole ed efficace della performance lavorativa. La nostra ricerca è partita da una domanda: “Che cosa rende efficace l’apprendimento nelle organizzazioni?”.

Da quel momento, abbiamo percorso una traiettoria che tende a convergere su alcuni punti evidenziati da Bersin, che proviamo a riformulare:

1. Il nuovo modello di collaborazione tra HR e Linee manageriali

E’ assurdo pensare al Performance Management come qualcosa di esclusiva pertinenza della funzione HR. Il rischio è quello ben evidenziato da Josh Aredt quando parla di ‘bolla del training’, riferendosi a pratiche che sono vissute dal management, a partire dagli executive, come qualcosa di separato dal resto dell’azienda, e in particolare dagli obiettivi di business. Il Performance Management è di fatto uno dei compiti del manager e dunque tutto ciò che alimenta la performance, incluse le dimensioni che ricadono tipicamente sotto la responsabilità dell’HR come l’apprendimento organizzativo, deve essere integrato in ogni ruolo manageriale. Va in questa direzione la nostra offerta di un percorso di People Change Management per le figure manageriali, in cui il tema dell’apprendimento viene collegato fin dall’inizio alla performance desiderata in funzione degli obiettivi di business.

2. Continuità e frequenza degli interventi di feedback e di coaching

Il tema della continuità e della frequenza degli interventi di feedback e di coaching, ai quali aggiungere ulteriori attività di apprendimento formale e informale, è fondamentale per garantire i risultati. L’importanza della continuità degli stimoli è infatti fondamentale per il consolidamento del cambiamento. Ne parlava Newstrom già nei primi anni ‘90 ed è confermato dalle conoscenze che oggi possediamo sui cosiddetti circuiti dopaminergici. Senza continuità tendiamo a tornare sui nostri vecchi passi velocemente: le continue emergenze che caratterizzano la quotidianità lavorativa scalzano tutto ciò su cui non siamo focalizzati e tendono a orientarci verso le abitudini consolidate, più rassicuranti rispetto ai nuovi repertori comportamentali.

3. Dal modello top-down a quello bottom-up.

Tutti sembrano essere d’accordo sul fatto che il modello top/down – in base al quale qualcun altro decide il mio percorso formativo – sia superato, a favore di un apprendimento costruito dal basso, in cui colui che apprende è più motivato proprio grazie alla possibilità di autodeterminarsi, come sancito dalla teoria andragogica di Malcom Knowels. Tuttavia, pur riconoscendo la validità del modello formativo bottom-up, non possiamo non scorgervi il rischio insito nella mancanza di consapevolezza sui meccanismi dell’apprendimento. Vi è infatti una differenza netta tra il guardare con forte coinvolgimento un video su youtube e la capacità di mettere in pratica ciò che in esso viene insegnato. Non tutti sanno come fare il passaggio tra ricezione di informazioni e cambiamento effettivo, tra sapere e saper fare: la libertà del soggetto che apprende può tramutarsi in un fallimento. Per questa ragione assumono un ruolo fondamentale le azioni tese a rendere le persone consapevoli di come imparano: sia i principi generali dell’apprendimento, sia il proprio funzionamento specifico. 

4. Le piccole differenze fanno la differenza. 

Come si dà un feedback fa la differenza. Come si fa coaching può rendere quella pratica estremamente efficace oppure dannosa. Lo stesso vale per il social learning. E così via. L’innamoramento verso le mode del momento spesso ci porta a non cogliere queste sfumature, ci rende orgogliosi del nostro modello di leadership, della nostra Accademy o del nostro nuovo processo di valutazione, ma solo applicando un’osservazione scientifica distaccata saremo in grado di riconoscere se le cose stanno realmente funzionando.

5.  Il senso di appartenenza al progetto di Performance Continuous Management.

Condividiamo pienamente l’idea che non sia sufficiente mettere a disposizione un processo o un software per portare le persone ad utilizzarlo in modo efficace. Se da un lato è necessario creare una nuova cultura, dall’altro non ci si può fermare alla dimensione valoriale, non è sufficiente. Bisogna condurre le persone a sperimentare direttamente i vantaggi di questo approccio, provandolo sulla loro pelle. E affinché questo avvenga, servono precisione e attenzione ai dettagli. Ancora una volta sottolineiamo quanto sia fondamentale un accompagnamento formativo delle persone per aumentare la loro consapevolezza e il loro saper apprendere.

Continuous Performance Management: i fattori chiave che stanno alla base della performance

Vorremmo concludere con un’ultima riflessione su due fattori chiave che stanno alla base della performance.

Il primo attiene alla sfera delle competenze, intese come insieme di abilità cognitive e comportamentali messe in campo per raggiungere un risultato: la persona le possiede già o ha delle lacune?

Il secondo riguarda lo stato di efficacia personale, che possiamo identificare con lo stato di flusso, ossia quella condizione in cui riusciamo a raggiungere un’elevata prestazione grazie alla capacità di mobilitare le risorse possedute. Questo è un elemento che viene spesso trascurato, eppure tutti noi abbiamo esperienza di come il nostro umore, il livello di stress, ecc. possano ridurre la qualità della performance, anche quando possediamo le competenze necessarie.

Acquisire o perfezionare una determinata competenza, insieme alla capacità di gestire il proprio stato di ‘flusso’ sono elementi fondamentali della performance. In entrambi i casi serve una meta competenza che si sostanzia nell’imparare ad apprendere. L’abilità di organizzare l’apprendimento, a seconda delle proprie necessità e utilizzando metodi adeguati, rappresenta una condizione che consente agli individui di perseguire obiettivi di crescita e sviluppo basati su scelte consapevoli. Nello spazio dell’autodeterminazione, questa meta competenza permette di agire assumendosi pienamente la responsabilità del proprio percorso evolutivo.

Vuoi approfondire il tema del Performance Management? Ti invitiamo a leggere l’articolo dal titolo “I 3 Pilastri del Performance Management“.

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