L’utilizzo delle risorse interne nella progettazione di un intervento di formazione in azienda

Locus of Control e Teoria dell’Attribuzione
21 Gennaio 2012
Group think ed il rischio di pensare con una sola testa
3 Febbraio 2012

L’utilizzo delle risorse interne nella progettazione di un intervento di formazione in azienda

metodo di formazione LAMQuesto è un estratto, appositamente adattato per il blog, del libro

“LAM: Learning Action-Matrix. Colmare il GAP tra il SAPERE e FARE nelle organizzazioni.”

di Andrea Magnani.

Nel processo di apprendimento e formazione di un bambino, è altamente produttivo utilizzare ciò che già sa fare bene e le sue attitudini naturali. Un bravo insegnante sa stimolare un bambino a migliorare la propria ortografia, facendogli scrivere delle storie in cui può liberare la sua fantasia, della quale è molto dotato. Lo stesso principio vale anche per gli adulti: è più facile ed efficace apprendere utilizzando le nostre migliori competenze, attitudini e caratteristiche.

Quindi, quando un’azienda deve progettare un qualsiasi tipo di intervento di formazione, è di grande importanza analizzare le risorse disponibili al proprio interno. Chiamiamo ‘risorse’ quegli elementi sui quali possiamo fare affidamento per supportare e potenziare l’efficacia di qualsiasi intervento. Alcuni esempi di potenziali risorse sono:

  • la cultura aziendale
  • la presenza di processi codificati e in genere di know how organizzativo (procedure, manuali, best practices, ecc…)
  • i sistemi di monitoraggio delle prestazioni e le attività di condivisione già calendarizzate
  • le competenze di mentoring e/o coaching di alcuni dipendenti dell’azienda
  • la disponibilità di tempo
  • le risorse materiali, tra cui la disponibilità economica
  • la motivazione e le attitudini delle persone presenti in azienda
  • il sapere e il saper fare

Utilizzare le risorse interne significa progettare un percorso di sviluppo completamente diverso da quello realizzabile in assenza di quelle stesse risorse.

Se in un’azienda, ad esempio, esiste una cultura fortemente basata sull’etica, sulla qualità dei rapporti umani con la clientela, potremmo trovarci di fronte al problema di una scarsa propensione alla proattività commerciale: i dipendenti non vogliono ‘fare i venditori’ con clienti che conoscono molto bene. Se il cambiamento atteso fosse proprio lo sviluppo commerciale, probabilmente otterremmo resistenze molto forti se andassimo contro questa dimensione valoriale. Viceversa, utilizzarla significherebbe portare gli operatori ad assumere comportamenti che siano in linea con quei valori e, al tempo stesso, che siano utili ad interessare i clienti alle proposte dell’azienda. La scelta più coerente sarebbe quella di portare le persone ad utilizzare un approccio consulenziale, evitando di usare qualsiasi forma di pressione sul cliente: si potrebbero ad esempio offrire ai clienti più informazioni e strumenti per difendersi dal mercato “aggressivo”.

Un altro esempio classico è costituito da quelle organizzazioni in cui il sapere è custodito da alcune persone che possiedono la memoria storica dell’azienda. A volte accade che esse oppongano inconsciamente resistenza alla condivisione delle informazioni, poiché esse rappresentano una forma di potere personale. Quando però queste persone hanno la possibilità di essere riconosciute in modo esplicito, proprio per la funzione d’insegnamento, le resistenze cadono.

Spesso in un’analisi accademica, le soluzioni informali presenti in azienda appaiono meno efficaci dell’applicazione di alcune metodologie manualistiche. Tuttavia, l’utilizzo di modelli interni, già accreditati, risulta più breve ed efficace per migliorare i risultati, piuttosto che imporre un modello perfetto ma distante dalla specifica realtà.