A Cosa Servono le Diverse Metodologie di Formazione

Marketing e comunicazione: il segreto è concentrarsi sui desideri latenti
21 Marzo 2012
Il Rischio di Rispettare Sempre le Regole
28 Marzo 2012

A Cosa Servono le Diverse Metodologie di Formazione

Questo è un estratto, appositamente adattato per il blog, del libro

“LAM: Learning Action-Matrix. Colmare il GAP tra il SAPERE e FARE nelle organizzazioni.”

di Andrea Magnani.

La formazione tradizionale è criticabile sotto molti aspetti teorici e pratici, soprattutto perché spesso risente della mancanza di un sistema generale che tocchi le principali leve del cambiamento. Detto questo, ogni metodo ha ragione di esistere se ne comprendiamo la funzione.

Aula di tipo Informativo

E’ l’aula che comunemente viene utilizzata nei corsi di formazione aziendale. La chiamiamo ‘informativa’ proprio per stabilire una netta distinzione sugli effetti che essa può ottenere. Essa può rispondere a un bisogno di economicità, poiché nella fase iniziale del processo consente di condividere con più persone la Vision, un piano operativo, concetti tecnici, procedure, ecc., ossia tutto ciò che in seguito può essere utilizzato a livello operativo. Ideale quindi per il passaggio di informazioni, non c’è un limite al numero di partecipanti. L’apprendimento è valorizzato se l’aula è condotta in modo da coinvolgere attivamente i partecipanti, se si usano stimoli multisensoriali, in particolare schemi visivi, e se l’ergonomia dell’aula è curata. Può essere discutibile tenere in aula le persone per 8 ore consecutive. Sarebbe meglio prevedere un incontro di mezza giornata con pause che rispettino i tempi di attenzione medi (1 h e 10’, 1 h, 50’, 45’ con pause di 6-8 minuti  tra una sessione e l’altra). Non ci possiamo però aspettare cambiamenti comportamentali solo da un’attività effettuata in aula.

Outdoor Training

Con Outdoor Training s’intendono quelle attività che portano i partecipanti al di fuori del contesto aziendale in spazi metaforici, facendo uso di barche a vela e sport di vario tipo, orientamento o sopravvivenza nei boschi, discese lungo i torrenti,  teatro d’impresa ecc. L’outdoor permette di attivare un processo di ammorbidimento degli schemi dettati dall’abitudine e quindi un’apertura mentale verso nuove possibilità di agire. Inoltre può avere, come effetto collaterale positivo, quello di far conoscere e legare a livello relazionale le persone, facendole divertire. Un’attività di outdoor può dunque essere propedeutica ad una fase di training non metaforica, in grado di lavorare direttamente sui contenuti aziendali. La metafora (fare squadra, avere coraggio, essere guida) offerta dall’outdoor rischia di rimanere un’oasi emotiva fine a se stessa. E’ pur vero che, generalmente, è previsto un debriefing in cui la metafora viene tradotta rispetto alla vita lavorativa, con il risultato auspicabile di una presa di coscienza. Ma sappiamo bene come la consapevolezza abbia dei limiti operativi: i fumatori sono consapevoli che il fumo è oltremodo nocivo, eppure continuano a fumare; il genitore sa che non dovrebbe urlare in quel modo al figlio eppure lo fa. Non ci stancheremo di ripetere che la coscienza e la conoscenza non sono sufficienti a produrre un cambiamento.

Aula di tipo partecipativo

Premesso che anche l’aula di tipo informativo ha il dovere morale di far partecipare gli utenti, definiamo aula partecipativa una modalità di conduzione tesa a portare i partecipanti ad identificare soluzioni condivise e attuabili. Essi ricoprono un ruolo attivo nell’identificazione delle criticità e delle soluzioni. Questo tipo di aula è più responsabilizzante e motivante di un’aula tradizionale. Il formatore, infatti, condivide modelli teorici unicamente al fine di sollecitare i ragionamenti del gruppo e allineare i partecipanti sul metodo di lavoro. E’ fondamentale che chi conduce il lavoro abbia la capacità di favorire processi costruttivi. Il rischio di queste riunioni è che, se condotte inadeguatamente, portino le persone ad annoiarsi e ad avere la sensazione che si perda tempo. Oppure possono diventare occasioni per lamentarsi in modo sterile. Infine, un’ambientazione non tradizionale facilita i processi creativi: per esempio pareti o pavimenti su cui si possa scrivere, materiale da plasmare, strumenti informatici per ricerche rapide, ecc. L’importanza di attività partecipative è confermata da esperienze in campi decisivi per l’umanità. Ad esempio, il Cockpit Resource Management, nel quale si sostituiva la decisione autoritaria del comandante con una presa dalle persone presenti nella cabina di pilotaggio degli aerei, ha permesso di ridurre drasticamente gli incidenti aerei dovuti a errori umani. Lo stesso principio applicato al settore medico ha portato dal 21% al 62% il numero di interventi al cuore senza complicanze.

Coaching

Il Coaching consiste in un rapporto professionale in cui il coach guida il coachee attraverso diversi momenti successivi, dalla definizione dell’obiettivo all’identificazione di soluzioni, dalla realizzazione del cambiamento al consolidamento dei risultati. Solitamente si svolge individualmente, anche se è possibile utilizzare lo stesso metodo con piccoli gruppi. Esso è particolarmente utile per aiutare le persone a identificare soluzioni concrete a specifiche criticità. Spesso si utilizza dopo aver lavorato in piccoli gruppi sulla condivisione e sperimentazione di una determinata competenza; infatti, proseguire con il coaching individuale rappresenta il modo più rapido per aiutare i partecipanti ad adattare le tecniche generali ai loro casi specifici. In particolare è utile quando si lavora con persone di esperienza, dotate di metodi personali di lavoro che non si possono azzerare, ma rappresentano piuttosto una base di partenza.

Modeling

Il Modeling è una tecnica per rendere riproducibile un’abilità o un insieme di abilità. Chi eccelle tende ad ottenere risultati in modo spontaneo; il modeling analizza l’esperienza da un punto di vista comportamentale e cognitivo, estrapolando una procedura che chiunque possa utilizzare. Pur non costituendo di per sé una modalità formativa, è tuttavia uno strumento molto utili per il trasferimento di competenze all’interno di un’organizzazione. Spesso le persone che hanno raggiunto un buon livello di competenza e di efficacia in un dato settore, si esprimono con frasi del tipo: “Lo so fare perché ho esperienza e l’esperienza non si può insegnare”, che è soltanto una mezza verità. Il modeling è un processo attraverso il quale poter estrarre e rendere esplicito in poco tempo, ciò che l’intelligenza ha tratto dall’esperienza in lunghi periodi, spesso in anni e di cui magari la persona non è nemmeno pienamente consapevole. Una volta esplicitata, essa può essere insegnata. Certamente, una volta insegnata, per funzionare bene deve essere fatta propria e allenata. Nessuna persona ragionevole penserebbe di diventare un campione di tennis semplicemente giocando tante partite! Gli aspiranti campioni ascoltano l’insegnamento dei maestri, i quali si fanno portavoce dell’esperienza razionalizzata nella storia del tennis fino a quel momento. Poi, certamente, si dovranno allenare seriamente.

Aula di Training

Si usa nel momento in cui si evidenzia e si condivide con ogni partecipante la necessità di sviluppare una specifica competenza. Si lavora con piccoli gruppi omogenei, composti cioè da 2-4 persone che hanno manifestato la necessità e la motivazione di perfezionare una competenza specifica. A differenza del classico role playing, la competenza complessa viene scomposta in più competenze di base e per ogni ‘pezzo’ si utilizza un processo di addestramento; l’abilità si ripete fino a che non viene acquisita. Via via si possono sottoporre le persone a stress maggiori al fine di perfezionare l’abilità. Il training sta al role playing come un allenamento sportivo sta alla partitella con gli amici. Se un tennista vuole migliorare, effettuerà training specifici sul diritto, sul rovescio, sulla volée, sulla battuta ecc.; egli sa infatti che non è sufficiente giocare delle partite.

Training On the Job

L’affiancamento durante l’attività lavorativa ordinaria permette da una parte di rilevare le criticità e i punti di forza di ogni persona in un contesto reale e dall’altra di offrire stimoli di training calati nella realtà. Quindi può essere utilizzato sia in una fase iniziale di rilevazione, sia come momento successivo al laboratorio di training; mentre non è particolarmente utile a scopo di perfezionamento se prima non si è lavorato a livello laboratoriale sull’acquisizione delle basi della competenza. Rispetto all’affiancamento, come lo si intende normalmente in azienda, l’attività di Training on the Job è condotta con rigore metodologico. Solitamente chi affianca è dotato di una check list quali-quantitativa che permette di appuntare velocemente gli aspetti da discutere al termine della sessione. Le indicazioni vengono date in modo progressivo in modo da consentire alla persona di non avvertire un ‘salto’ nell’apprendimento, che potrebbe risultare scoraggiante. Inoltre spesso nell’affiancamento il focus rimane sull’affiancatore il quale cerca di passare il proprio modello. Nel training il focus è sull’utilizzatore: viene fatta un’analisi per poter promuovere il suo stile e i suoi punti di forza, velocizzando così il raggiungimento di risultati.