Libertà di pensiero e conformismo sociale

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Libertà di pensiero e conformismo sociale

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Vi siete mai chiesti se tutto quello che pensiamo, diciamo, facciamo e decidiamo dipenda esclusivamente da noi stessi? Quando decidiamo che Tizio è una bella persona, che la tal marca è affidabile o quando giudichiamo Carlo meglio di Mario, siamo sicuri che sia tutta opera nostra? Tutto sta nel giusto rapporto tra libertà di pensiero e conformismo sociale.

Negli anni ’50 Solomon Asch (1952) voleva studiare se una persona, a fronte di una realtà oggettiva, riesca a farsi una propria opinione o se invece le sue idee sono influenzate dal gruppo. Per raggiungere l’obiettivo mise in piedi un bellissimo esperimento nel quale un individuo doveva effettuare delle scelte all’interno di un gruppo di complici dello sperimentatore. Come si può vedere nel video, alcuni soggetti (8 nella prima versione dell’esperimento), tutti complici dello sperimentatore all’insaputa dell’unico soggetto “sperimentale”, dovevano eseguire un normale esercizio di comparazione di lunghezze. Ai partecipanti venivano presentate delle schede con tre linee di diversa lunghezza; su una seconda scheda veniva presentata una linea che aveva la stessa lunghezza di una delle tre linee iniziali. I partecipanti dovevano decidere e dichiarare a voce alta quale delle tre linee della prima scheda fosse identica alla linea presentata in seguito. Dopo due prove “normali”, dalla terza prova tutti complici davano giudizi palesemente contrari all’evidenza percettiva. Il soggetto sperimentale, che sedeva sempre tra le ultime posizioni, inizialmente rispondeva correttamente ma nelle prove seguenti, nella maggior parte dei casi, si conformava al giudizio, palesemente errato, del gruppo. Nella prima versione dell’esperimento solo 6 soggetti mantennero sempre ferma la propria posizione, mentre 25 persone sulle 31 coinvolte si adeguarono almeno una volta alla pressione della maggioranza. La maggior parte delle persone, quindi, volontariamente decide di non assecondare la propria e corretta percezione visiva ma si adegua alla percezione del gruppo. Nelle interviste che seguirono l’esperimento Asch scoprì come le persone collocassero la causa del disaccordo in sé stessi e non negli altri: essi cercarono una maggiore concentrazione iniziando, allo stesso tempo, a dubitare di sé stessi e dei propri giudizi, sentendosi a disagio ed in difficoltà. Alcuni soggetti riferirono che, dopo un po’ di prove, il compito era diventato indifferente per loro e l’unica loro preoccupazione era rispondere come gli altri per non sentirsi diversi da loro.
Una conclusione generale che si può trarre dall’esperimento di Asch è che il singolo è portato a conformarsi alla maggioranza, a convergere su posizioni normative soprattutto se le sue opinioni sono in disaccordo; questo avviene perchè ha paura di essere diverso e di venire emarginato, ha un forte bisogno di appartenenza.

Tornando alla nostra domanda di partenza, forse non tutto quello che facciamo o non tutte le nostre decisioni dipendono solo da noi, ma spesso tendiamo, in maniera consapevole o meno, ad omologarci e a conformarci agli altri.

Solo un’accurata conoscenza di noi stessi e dei nostri meccanismi di “funzionamento” può permetterci di evitare questi “tranelli sociali” che influenzano molte decisioni della nostra vita.